Dicembre 2014
Negli ultimi anni assistiamo, non di rado, sempre più, associazioni sportive che, a fine stagione, decidono, loro malgrado, di chiudere i battenti, non riuscendo più a sostenere gli elevati costi di gestione che l’attività sportiva/istituzionale comporta.
L’estinzione dell’associazione, quale evento conclusivo della vita dell’ente, non è però un’operazione che può essere eseguita superficialmente, né velocemente. La stessa va attentamente pianificata perché si possa correttamente perfezionare la definitiva cessazione dell’esistenza dell’associazione, con effetti civilistici e fiscali. E’ infatti fondamentale rispettare e porre in essere precisi adempimenti previsti dalla legge, al fine di evitare spiacevoli conseguenze sotto il profilo delle possibili responsabilità sia civilistiche che fiscali.
Va innanzitutto precisato che per le associazioni sportive dilettantistiche non riconosciute (che sono la maggioranza) non ci sono norme specifiche ad hoc che ne disciplinano lo scioglimento, a differenza di quanto previsto per le associazioni riconosciute. Infatti per quest’ultime il Codice Civile agli artt. 30 e seguenti prevede tutti gli adempimenti necessari per la liquidazione del patrimonio e l’estinzione di un’associazione che aveva ottenuto il riconoscimento della personalità giuridica ex artt. 14 e seguenti del C.c.. Tale normativa però non viene ritenuta, da parte della maggioranza della dottrina e della giurisprudenza, applicabile anche alle associazioni non riconosciute. Pertanto per queste ultime è necessario individuare il corretto percorso da seguire che garantisca la regolare estinzione.
Per le asd non riconosciute le prime norme da seguire per lo scioglimento si trovano proprio nello Statuto della stessa. Infatti come per ogni attività amministrativa e gestoria della vita dell’associazione anche quanto attiene al suo definitivo scioglimento deve essere disciplinato dallo statuto, che quindi andrà considerato, seguito e rispettato.
Lo statuto, a sua volta, deve obbligatoriamente prevedere la norma che disciplini la fase conclusiva della vita dell’associazione, come stabilito dal comma 18 dell’art. 90 della L. 289/02 e dalle lettere G e H dell’art. 148 del TUIR, previsioni necessarie per l’ottenimento del riconoscimento sportivo da parte delle federazioni sportive nazionali e del CONI.
Le norme sopra citate stabiliscono che gli statuti debbano contenere tra le clausole indispensabili: “le modalità di scioglimento dell’associazione;” e “ l’obbligo di devoluzione ai fini sportivi del patrimonio in caso di scioglimento delle società e delle associazioni”. Le succitate norme non prevedono però l’obbligo di specificare nello statuto le possibili cause di scioglimento, che però possono rinvenirsi nel:
– avvenuto raggiungimento dello scopo sociale;
– la sopravvenuta impossibilità al perseguimento dello stesso;
– il venir meno della totalità degli associati.
L’organo deputato alla delibera sullo scioglimento dell’associazione è l’assemblea, organo sovrano, convocato in seduta straordinaria.
L’assemblea straordinaria, per essere validamente convocata e costituita, deve rispettare i quorum a tal fine previsti nello statuto. La delibera di scioglimento sarà valida con voto favorevole di 2/3 degli associati e dovrà provvedere alla nomina di coloro i quali si occuperanno della definitiva estinzione dell’ente, ossia i liquidatori. Infatti il verificarsi di una delle cause di scioglimento non determina l’immediata estinzione dell’associazione ma la collocano prima di tutto in liquidazione. Durante il periodo di liquidazione, i liquidatori appositamente nominati riscuoteranno i crediti, pagheranno i debiti e solo dopo aver concluso tutti i rapporti ancora in essere si perfezionerà l’estinzione.
Possono essere nominati liquidatori anche gli organi ordinari dell’associazione i quali rimangono in carica a tal fine, eventualmente in regime di prorogazio o dietro specifico mandato dell’assemblea.
L’associazione potrà essere validamente estinta solo nel momento in cui, al termine delle procedure di liquidazione del patrimonio, non sussisterà più alcun rapporto giuridico in essere in capo alla stessa.
Una volta terminata la fase di liquidazione, i liquidatori dovranno convocare, nelle modalità previste dallo statuto, l’assemblea in seduta ordinaria per l’illustrazione delle operazioni di liquidazione e l’approvazione del bilancio finale di liquidazione, nonché, se residuasse un attivo, deliberare a chi devolverlo.
A questo punto bisogna prendere in considerazione questo secondo aspetto, altrettanto delicato: cosa fare dei beni che restano quando si chiude un associazione. Come già anticipato sopra la lett. h), co. 17, art. 90 L. n. 289/02, impone che negli statuti delle società ed associazioni sportive dilettantistiche debba espressamente essere previsto “l’obbligo di devoluzione ai fini sportivi del patrimonio in caso di scioglimento sentito l’organismo di controllo di cui all’art. 3, c. 190, L. 23.12.96 n. 662, salvo diversa destinazione imposta dalla Legge”. Tale norma costituisce una specifica di una previsione più ampia. Intatti, secondo quanto previsto dall’art. 148, co. 8, lett. b) Tuir, tutti gli enti di tipo associativo che intendono beneficiare delle agevolazione fiscali devono inserire nel proprio statuto la clausola che preveda “l’obbligo di devolvere il patrimonio dell’ente, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altra associazione con finalità analoghe od ai fini di pubblica utilità, sentito l’organismo di controllo…, e salvo diversa destinazione imposta dalla legge”.
In materia di adempimenti collegati alla devoluzione del patrimonio gli unici riferimenti di prassi sul tema sono quelli relativi alle Onlus. Quindi in linea generale anche per le altre tipologie di associazione (nel nostro caso quelle sportive dilettantistiche) si segue quanto viene disciplinato per queste ultime.
E’ bene specificare che le eventuali cessioni di beni di proprietà dell’associazione effettuate prima della liquidazione definitiva devono essere realizzate a valori di mercato. Ciò consente di mettersi al riparo da eventuali contestazioni legate alla cessione, tra e quali anche quelle conseguenti al divieto statutario di effettuare distribuzioni indirette di utili.
Qualora invece durante la vita dell’associazione uno o più soci avessero concesso in favore dell’ente un prestito infruttifero per sopperire ad esigenze di gestione, questi potranno essere restituiti al valore nominale, utilizzando il residuo attivo eventualmente risultante dalla fase di liquidazione, senza che ciò integri in alcun modo il divieto di distribuzione di utili anche indiretti agli associati.
Una volta approvate dall’assemblea le attività liquidatorie e devoluto l’eventuale residuo attivo, questa conferirà l’incarico definitivo al liquidatore di provvedere alla chiusura del codice fiscale e della partita iva munito di copia del verbale con la delibera di scioglimento. Solo il perfezionamento di quest’ultimo atto formale determinerà la definitiva estinzione dell’associazione.
Si fa notare però che la mancanza di un controllo preventivo in merito alla devoluzione del patrimonio e, soprattutto, la mancanza di una sanzione per l’inadempimento affievoliscono notevolmente la portata del precetto.
Ultimo aggiornamento: 05 ottobre 2020