Ottobre 2014
In relazione al regime agevolato ex L. 398/91 sono stati ampiamente trattati i requisiti necessari per l’applicazione del regime, i vantaggi che assicura, gli adempimenti contabili da rispettare, tanto che oramai, questi aspetti, possono dirsi ampiamente conosciuti, tuttavia poco si è trattato in relazione all’uscita da questo vantaggioso regime.
Quest’ultimo “avvenimento” risulta essere assai delicato nella vita di un’associazione, qualora accada, e dev’essere seguito con la massima attenzione.
Rivediamo, quindi, brevemente le ipotesi in cui un’associazione sportiva dilettantistica perde il diritto di applicare il regime forfettario di cui alla L. 398/91.
La prima ipotesi è la più conosciuta ed è connessa al superamento del limite massimo di ricavi consentito (ossia 250.000,00 euro all’anno). Questa fattispecie di uscita dal regime è l’unica ad essere regolata dalla legge, quest’ultima, infatti, determina le modalità e le tempistiche di uscita dal regime. Il comma 2 dell’art. 1 della L. 398/91 stabilisce che le disposizioni di favore cessano di applicarsi con effetto dal mese successivo a quello in cui il limite è superato. Ciò determina la divisione del periodo d’imposta in due diversi regimi fiscali. Tale “suddivisione” in due regimi è avvalorato anche dall’Agenzia delle Entrate con la risoluzione 123/E del 07 novembre 2006 dove viene confermata la possibilità di avere due diversi regimi contabili nello stesso periodo d’imposta.
Quindi sia ai fini Iva, sia ai fini delle imposte sui redditi, si delineano due distinti periodi soggetti a differenti regimi tributari:
– uno dall’inizio del periodo d’imposta, fino al mese in cui è avvenuto il superamento del limite dei 250.000 euro nel quale il reddito imponibile sarà determinato e l’iva sarà applicata e gli adempimenti saranno posti in essere secondo il regime agevolativo recato dalla L. 398/91;
– uno dal mese successivo all’avvenuto superamento del predetto limite, fino alla fine del periodo d’imposta, nel quale si applicherà il regime tributario ordinario sia con riferimento alla determinazione dell’imposta che ai fini degli adempimenti contabili.
Relativamente a questo anno d’imposta, quindi, verrà presentato comunque un solo modello Unico al fine della dichiarazione dei redditi (del resto l’esercizio sociale non viene diviso), ma al suo interno il calcolo dell’imposta dovuta sarà effettuato in modo differente per i due periodi ante e post superamento del limite.
Il ritorno al regime ordinario si applica con comportamento concludente, tuttavia per essere precisi è necessario, comunque, tramite il quadro VO (il VO è un particolare quadro della dichiarazione Iva che si usa per effettuare le opzioni/revoche di specifici regimi fiscali e può essere staccato dalla dichiarazione Iva ed inviato con il modello Unico qualora non ci sia l’obbligo di invio di quest’ultima) comunicare la “revoca” del regime agevolato. Si ricorda che l’uscita dal regime 398 va comunicato anche alla SIAE con lettera consegnata a mano o con raccomandata con ricevuta di ritorno, similarmente a quanto succede per l’opzione.
Altro dubbio che sorge in relazione allo splafonamento è relativo all’individuazione del momento temporale in cui esso si verifica, se al momento di emissione della fattura o alla data di incasso della stessa.
A tale riguardo l’Amministrazione finanziaria e la SIAE hanno dato pareri discordanti: secondo l’art. 1 della L. 398/91 che cita “le associazioni sportive… che nel periodo d’imposta precedente hanno conseguito… proventi (commerciali) per un importo non superiore ad euro 250.000,00” e secondo la circolare n. 1/1992 “ai fini dell’individuazione dei proventi in argomento deve aversi riguardo al criterio di cassa”, si deve aver riguardo al criterio di cassa, mentre per il DM 18.05.1995 che sancisce “resta fermo il principio voluto dalla normativa Iva secondo cui vanno computati gli introiti fatturati ancorché non riscosso” e la circolare SIAE n. 712 del 19/12/92 “ai fini dell’individuazione dei proventi conseguiti nell’esercizio di attività commerciali si deve tener conto: in mancanza di fattura, dei proventi incassati… in presenza di fattura, dei proventi fatturati ancorché non riscossi”, propendono per il criterio di cassa/fatturazione.
Non c’è quindi un orientamento uniforme, tuttavia si ritiene che l’applicazione del criterio di cassa sia la più corretta, trattandosi di un principio base dell’applicazione del regime 398, infatti anche il calcolo della base imponibile avviene con il criterio di cassa. Il criterio di fatturazione, sancito di norma per il calcolo dell’imponibile Iva, esteso anche ai fini del calcolo del plafond, come proposto dalla SIAE, è comunque un interpretazione minoritaria e secondaria.
Per quel che riguarda l’ammontare dello splafonamento l’Agenzia non da indicazioni sulla misura in cui sia consentito superare il limite dei 250.000,00, permettendo così anche superamenti molto rilevanti, tuttavia, in quest’ultima ipotesi non è impossibile che in sede di accertamento l’Agenzia delle Entrate possa sostenere che l’utilizzo del regime forfettario sia stato fatto apposta per ridurre la tassazione (quindi con finalità elusiva) e quindi revocare l’opzione all’origine.
Ulteriori ipotesi di estromissione della L. 398/91 vengono esposte nella recente circolare n. 9/E. Quest’ultime si verificano soprattutto nel caso in cui l’associazione sportiva dilettantistica venga sottoposta a verifica fiscale. In particolare si esce dal regime forfettario se:
– l’associazione non ha tenuto il prospetto conforme al modello di cui al D.M. 11 febbraio 1997 e non ha fornito alcuna documentazione idonea a provare la sussistenza dei requisiti sostanziali per l’applicazione delle disposizioni di legge;
– non ha predisposto il rendiconto di cui all’art. 5, co. 5 del D.P.R. n. 473/99 e non ha fornito la documentazione idonea ad attestare la realizzazione dei proventi esclusi dal reddito imponibile;
– ha violato in modo sistematico la clausola di democraticità prevista dal proprio statuto.
– venga violato l’obbligo di tracciabilità dei pagamenti a favore di enti sportivi dilettantistici e dei versamenti da questi effettuati di importo superiore ad euro 516,46.
Quindi, se a seguito di un accertamento si constata la perdita del regime forfettario, sarà l’ufficio a provvedere a ricostruire il reddito imponibile, o induttivamente, cioè attribuendo una percentuale di ricavi e costi, dati determinati parametri di mercato, qualora l’asd non abbia redatto un rendiconto o non abbia conservato la documentazione contabile. L’Ufficio potrebbe procedere in alternativa a ricostituire il reddito imponibile partendo dal rendiconto economico-finanziario redatto dall’associazione e sottraendo dai ricavi la maggior parte dei costi indicati nel documento.
Anche quest’ultimo modo di operare non è privo di dubbi e difficoltà, infatti chi è in 398 non ha l’obbligo di tenere le scritture contabili e, anche se un associazione ha sempre l’obbligo di separare l’attività commerciale da quella istituzionale, una volta usciti dalla 398 i costi dovrebbero essere classificati in base all’inerenza, quindi, avremo costi non rilevanti fiscalmente se relativi alla componente istituzionale e costi deducibili se relativi all’attività commerciale nonché costi promiscui se non è possibile individuarne l’appartenenza alla sfera commerciale o istituzionale.
Per la maggioranza delle asd però la maggior parte delle spese possono essere considerate promiscue cioè inerenti tanto all’attività istituzionale quanto a quella commerciale.
Per la determinazione della componente commerciale (deducibile) di questi costi promiscui il Legislatore ha stabilito un preciso criterio: secondo quanto previsto dall’art. 144, co. 4 del TUIR, i costi commerciali sono deducibili in base al rapporto che c’è tra i ricavi commerciali e i ricavi complessivi dell’ente.
Per quanto riguarda invece l’Iva, sorge un’ulteriore problema, la revoca del regime della L. 398/91, per l’Agenzia delle Entrate, comporta la mancata possibilità di portare in detrazione l’iva assolta sugli acquisti inerenti l’attività commerciale, poiché la contestazione che viene fatta a posteriori dall’Ufficio è legata alla considerazione che non essendo stati tenuti i registri contabili previsti ai fini iva, non sono state annotate le fatture di acquisto e non è stato esercitato il relativo diritto alla detrazione d’imposta. Tale rilievo è però criticabile e viola il principio della tassazione solo sul consumo finale, non tenendo in alcuna considerazione che all’epoca dell’accertamento, il soggetto in 398 non era tenuto ne alla predisposizione dei registri iva, ne all’annotazione delle fatture, ne alla compilazione della dichiarazione iva. Seguendo l’orientamento dell’Ufficio, si creerebbe una situazione paradossale in quanto si presuppongono adempimenti che, all’epoca dei fatti in contestazione, non potevano essere osservati in quanto non dovuti.
In conclusione, si osserva come, purtroppo, non tutte le regole sono certe e corrette per la rettifica dell’imponibile di un’asd a cui sia revocato il regime ex L. 398/91 a seguito di accertamento. Non resta che auspicare che da parte dell’Amministrazione finanziaria vengano stabilite regole univoche e conformi al dettato normativo e alle specificità di questi enti a garanzia dei soggetti sottoposti a controllo e naturalmente del loro rappresentanti legali, come noto corresponsabili col proprio patrimonio personale individuale.