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Considerazioni sulla vita associativa: analisi di una sentenza (prassi operative e principi generali possono convivere)

Considerazioni sulla vita associativa: analisi di una sentenza

Gennaio 2021

Vogliamo portare alla vostra attenzione le positive considerazioni effettuate dal giudice di prime cure in una sentenza (Ctp di Vicenza, n. 100/2020), la quale dà importanti indicazioni sull’organizzazione della vita associativa, sulla prova della democraticità e dell’uguaglianza degli associati, elementi che, ricordiamo essere necessari per poter usufruire dei regimi fiscali agevolati previsti per le associazioni.

Nel caso concreto, l’Agenzia delle Entrate aveva ritenuto che l’attività dell’associazione fosse totalmente commerciale, senza alcun collegamento con gli scopi istituzionali, per i seguenti rilievi:

  • insussistenza di un’organizzazione corporativa inspirata al principio di democrazia interna e fondata su un effettivo dualismo tra Assemblea degli Associati e Consiglio Direttivo; 
  • criticità in ordine al funzionamento del Consiglio direttivo;
  • diversità di trattamento fra associati.

I giudici, sin dal principio, osservano che l’associazione è formalmente iscritta alla Federazione e al Coni e risulta documentalmente svolgere un’attività sportiva organizzata. Facciamo notare come tali elementi formali risultano pur sempre fondamentali, anche se non sufficienti.

Conseguentemente, il Collegio procede con l’analisi della concreta applicazione dei principi statutari ed in ordine alla scarsa partecipazione degli associati alla vita associativa riconosce che, la maggior parte degli associati, ambiscono per lo più solo alla pratica sportiva e non anche alla vita associativa, infatti in questo tipo di associazioni sono sempre gli stessi associati che vivacizzano la vita associativa e la stimolano, ma questo non prova che gli altri associati… non siano associati. Tale considerazione era stata già introdotta da precedenti sentenze, ma ora viene positivamente riconfermata.

In relazione alla presenza di irregolarità formali, ad esempio il fatto che alcuni associati vengano dichiarati ammessi dopo che avevano effettuato il versamento della quota di iscrizione, senza che vi sia una “istruttoria” specifica da parte del Consiglio Direttivo, non è considerato sufficiente a riclassificare l’attività dell’ente come commerciale anziché sportiva dilettantistica. Il collegio rileva come sia notorio che molto spesso coloro che richiedono di iscriversi ad un’associazione sportiva effettuino già il versamento al momento della domanda e si disinteressino poi quando successivamente la loro iscrizione venisse formalmente accolta. Qualora la domanda venisse respinta, l’importo versato anticipatamente, verrebbe restituito.

In ordine alla diversità di trattamento tra associati e alle facilitazioni per donne e studenti, oppure il differenziare il costo delle lezioni in base al numero delle lezioni, il collegio riconosce che sono regole di fatto tipiche di quasi tutte le ASD e anche tale elemento non può dirsi sufficiente a denegare la qualifica di Asd ai fini di cui all’art. 148 del DPR 917/86.

Tale sentenza giunge come una “boccata di aria fresca”, il riconoscimento da parte dei Giudici dell’esistenza di prassi e organizzazioni specifiche, tipiche di ogni circolo sportivo è di essenziale importanza, per evitare di penalizzare enti che in tutto e per tutto sono “sportivi”.

Prassi consolidate come la quota agevolata per determinate categorie di soggetti, oppure il fatto che taluni associati partecipino prevalentemente alla vita sportiva anziché associativa, non possono essere considerati elementi sufficienti a considerare le attività del circolo come solamente commerciali anziché istituzionali.

I principi di democraticità ed uguaglianza devono essere giustamente considerati, ma non estremizzati al tal punto da rendere difficile se non impossibile la vita dell’associazione stessa. 

Ricordiamo sempre che le associazioni vengono gestite perlopiù da volontari, oltre il loro ordinario lavoro, appassionati dello sport, di ciò bisogna tener conto quando si valuta un’associazione, e con questa sentenza il giudice lo conferma. Per riclassificare l’attività di un ente come commerciale e ritenere violate le prescrizioni di cui all’art. 148 del Tuir, devono esserci gravi irregolarità e incontrovertibili evidenze probatorie.

Nonostante accogliamo positivamente la sentenza, non possiamo concludere l’articolo senza un avvertimento sull’importanza della formalizzazione della vita associativa, della redazione e trascrizione dei verbali nei libri sociali, della corretta convocazione delle assemblee, ma anche della puntuale contabilizzazione delle entrate e delle uscite. Non bisogna mai perdere di vista tali aspetti, di ordine gestorio dell’associazione. Purtroppo, ancor oggi, riscontriamo molti casi di gestione assolutamente non conforme ai principi sanciti dall’art. 148, e ciò può causare gravi conseguenze.

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