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Agosto 2022

Recentemente la Corte di Cassazione ha chiarito l’applicazione dell’art. 38 c.c. per le obbligazioni fiscali dei sodalizi sportivi, differenziando nettamente la responsabilità del Presidente, rispetto a chi ricopre meri incarichi direttivi.

L’art. 38 del codice civile, infatti, prevede che i soggetti che agiscono in nome e per conto dell’associazione non riconosciuta siano responsabili con l’ente per le attività negoziali svolte in nome e per conto del medesimo. Pertanto i terzi potranno rivalersi sia sul fondo comune dell’associazione o, indifferentemente, e senza beneficio della preventiva escussione, nei confronti di chi ha agito in nome e per conto della medesima. In sostanza si tratta di una garanzia a favore dei terzi, assimilabile a quella fidejussoria. Tuttavia, va specificato che la garanzia offerta da chi rappresenta l’ente non è predeterminabile e non può essere oggetto di limitazioni in termini di ammontare.

La norma si giustifica in quanto i “terzi” che negoziano con l’associazione non hanno contezza della capienza del fondo comune ed ecco giustificato il motivo per cui, invece gli associati, non godono della stessa tutela, perché non sono gravati dalla stessa asimmetria informativa.

Il presidente di associazione non riconosciuta, in genere, è responsabile solo per il periodo in cui è stato in carica e può essere chiamato a rispondere delle obbligazioni assunte in tale periodo, anche a carica cessata.

Va però tenuto conto di un’importante distinzione fra i debiti negoziali, che hanno origine contrattuale, e i debiti fiscali, che hanno origine normativa.

Per questi ultimi la Corte di Cassazione nel 2019 e pure nel 2021 (Cass. 26.2.2019 n. 5684, Cass. 15.11.2021 n. 34309) ha di fatto introdotto una presunzione che fa supporre che i “predetti soggetti concorrano nelle decisioni volte alla creazione di rapporti obbligatori di natura tributaria per conto dell’associazione; cosicché non vi è necessità di una prova specifica, da parte dell’Agenzia delle Entrate, dell’attività svolta in concreto dal legale rappresentante”.

In sostanza, per questa particolare casistica, si inverte l’ordinario onere della prova: normalmente questa grava sull’amministrazione finanziaria, che deve dimostrare la fondatezza della pretesa tributaria, mentre in questo caso è sufficiente che venga dimostrata la sussistenza del ruolo direttivo (va pertanto prestata attenzione a presentare sempre il modello telematico AA7, per comunicare all’amministrazione finanziaria, la variazione del rapp.te legale).

La Corte di Cassazione, con la sentenza 1.3.2022 n. 662612, ha però delineato una netta distinzione di responsabilità tra rappresentante legale dell'associazione e soggetti aventi incarichi direttivi. La pronuncia ridefinisce i limiti applicativi della sopracitata presunzione, precisando che è l'Amministrazione finanziaria a dover provare l'effettiva ingerenza nell'attività dell'associazione e, dunque, la responsabilità solidale dei soggetti che vi ricoprono cariche direttive.

La Suprema Corte ha prima ribadito alcuni principi:

  1. è confermato che, in presenza di obbligazioni derivanti da attività negoziali, il giudice deve valutare in concreto l'ingerenza del rappresentante nell'attività dell'associazione. La Corte, infatti, afferma che: "La responsabilità personale e solidale, prevista dall’art. 38 c.c., di colui che agisce in nome e per conto dell'associazione non riconosciuta non è collegata alla mera titolarità della rappresentanza dell'associazione stessa, bensì all'attività negoziale concretamente svolta per suo conto e risoltasi nella creazione di rapporti obbligatori fra l'ente ed i terzi";
  2. è stata riaffermata la deroga a tale principio relativamente ai giudizi afferenti le obbligazioni fiscali dell'ente. Il rappresentante legale continua a presumersi solidalmente responsabile per i debiti tributari;
  3. viene confermata la limitazione della responsabilità del rappresentante per le sole annualità in cui abbia effettivamente gestito l'ente;

ma la Corte ha anche introdotto due sostanziali novità (o chiarimenti):

  1. il soggetto subentrante "non può andare esente, ai fini fiscali, da responsabilità solidale con l'associazione soltanto per la mancata ingerenza nella pregressa gestione dell'ente, in quanto è obbligato a redigere ed a presentare la dichiarazione dei redditi e ad operare, ove necessario, le rettifiche della stessa".

Il rappresentante legale, dunque, è responsabile non solo per gli adempimenti fiscali afferenti a periodi d'imposta in cui ricopre tale carica, ma altresì per le annualità precedenti;

  1. chi ricopre cariche direttive non è obbligato in solido con l’associazione per i debiti tributari, se non in presenza di una prova di un concreto coinvolgimento nell’attività dell’ente.

 

In attesa di conoscere gli sviluppi interpretativi della sentenza, particolarmente severa circa il ruolo dei Presidenti delle associazioni non riconosciute, sottolineiamo l’importanza della corretta gestione formale dell’associazione. Solo attraverso conti ben tenuti, verbali di assemblea e direttivo redatti in modo preciso e puntuale, dettagliati accordi scritti in caso di subentro delle cariche, il Presidente di Associazione avrà l’adeguato supporto per potersi difendere in caso di (eventuali) controlli o contenziosi.

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