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Luglio 2022

La sentenza della Cassazione 22440 del 15.7.2022 supera definitivamente l’assunto dell’Agenzia delle Entrate tale per cui, una volta emessa la fattura, essa si considera sempre incassata ai fini del calcolo del plafond dei 400.000 Euro di cui alla l. 398/91.

Gli ermellini specificano invece che:

-“L’art. 1 della l. 398/91 stabilisce che ai fini del computo del plafond che consente l’accesso al regime agevolato … occorre aver riguardo ai proventi conseguiti nell’esercizio di attività commerciali e che l’art. 2, al comma 5, afferma che il reddito imponibile di tali organismi si calcola applicando il coefficiente di redditività del 3% … «all’ammontare dei proventi conseguiti nell’esercizio di attività commerciali»

è pertanto indubbio che il momento rilevante per la determinazione del plafond è quello in cui il corrispettivo viene incassato

– “Del resto, la stessa terminologia è impiegata anche nella circolare illustrativa del Ministero delle Finanze n. 1 del 11.2.1992 … e trova riscontro nella previsione di cui all’art. 9, comma 3, del DPR n. 544/1999 in materia di imposte sugli intrattenimenti … In sintesi, la normativa richiamata, nel suo dato testuale corroborato dal documento di prassi interpretativa, evidenzia con chiarezza che nel calcolo del plafond devono essere conteggiati tutti i ricavi di natura commerciale incassati, con conseguente esclusione dei ricavi fatturati, ma non ancora incassati, durante il corso dell’anno sociale adottato dall’associazione”.

La Sentenza è però molto importante anche perché delinea molto bene la gerarchia delle fonti del diritto, difatti cita:

Con riferimento a quanto indicato dalla circolare n. 18/E del 1° agosto 2018, basti qui osservare che le circolari costituiscono un atto di indirizzo della condotta degli uffici cui sono rivolte e non sono, perciò, fonte di diritti né di doveri, non vincolando il contribuente (v. Cass. n. 21698/2010, Cass. n. 10775/2013, Cass. SS.UU. n. 1915/2016 e numerose altre seguenti)

– “Quanto, poi, al contenuto del DM 18.5.1995, va anzitutto rilevato che, come espressamente affermato nella sua premessa, esso è esclusivamente finalizzato a dare attuazione alla previsione di cui all’art. 2, comma 2, della L. n. 398/1991, a mente del quale «i soggetti che fruiscono dell’esonero devono annotare … qualsiasi provento conseguito nell’esercizio di attività commerciali»

– “In altri termini, la stessa portata attuativa del decreto è espressamente circoscritta alla regolazione della contabilità dei «proventi conseguiti» cui fa riferimento la norma primaria

– “In ogni caso … va osservato che l’ordinamento regola il rapporto tra le varie fonti di produzione del diritto in termini di gerarchia. L’art. 1 delle disposizioni sulla legge in generale, infatti, indica fra le fonti del diritto prima le leggi e poi i regolamenti; e il successivo art. 4, rubricato “Limiti della disciplina regolamentare”, precisa che «I regolamenti non possono contenere norme contrarie alle disposizioni delle leggi»”.

– “Pertanto, laddove volti a disciplinare la stessa materia, i regolamenti sono gerarchicamente subordinati alle leggi, così destinate a prevalere in caso di contrasto … In applicazione di tale criterio, pertanto, i profili di contrasto che l’art. 1 all’allegato E del DM 18.5.1995 presenta con la normativa primaria sono suscettibili di risoluzione in via di disapplicazione”.

Tutto ciò è fondamentale, perché la sentenza mette uno stop a tante altre elucubrazioni dell’amministrazione finanziaria (le Circolari non vincolano il contribuente!), come quella per cui rientrano nella 398 solo i ricavi commerciali connessi, ma non quelli “non connessi”, perché la legge non fa alcun distinguo in tal senso.

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