Marzo 2018
Dalla lettura del sito internet “il caso.it” ci siamo imbattuti in una interessante sentenza del Tribunale di Roma del 21/2/2017, di cui inseriamo il link, per chi volesse leggerne il testo integrale:
http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/19099.pdf
I giudici romani, Sezione specializzata in materia di impresa, in sostanza affermano che:
1) una deliberazione assembleare che conferma i compensi degli amministratori già deliberati in una precedente delibera dell’Assemblea dei soci non può essere qualificata tale, poiché non ha contenuto né precettivo né novativo e quindi non assume rilevanza nell’organizzazione della società;
2) gli amministratori non sono tenuti, in virtù di un obbligo giuridico, a rivedere al ribasso il proprio compenso, già precedentemente deliberato, divenuto sproporzionato alla luce dei risultati negativi della società;
3) la delibera assunta dall’Assemblea che riduce i compensi dell’organo amministrativo, senza il consenso di questo, rimarrebbe inefficace e da ciò ne scaturirebbe il difetto di interesse del socio alla relativa impugnazione.
La sentenza pare di una certa rilevanza, anche perché il ragionamento giurisprudenziale potrebbe essere chiamato in causa nei contrattori e/o nei contenziosi con l’Agenzia delle Entrate, che spesso contesta l’entità dei compensi erogati agli amministratori, ai fini della relativa deducibilità, quando appaiano sproporzionati o insoliti.