Novembre 2018
La Suprema Corte di Cassazione, sez. tributaria, con la sentenza n. 19564 del 24 luglio 2018, afferma che, a seguito della sentenza del 24 settembre 2014 n.228 della Corte Costituzionale, è venuta meno la presunzione di imputazione dei prelevamenti operati sui conti correnti bancari ai ricavi conseguiti nella attività libero professionali, non essendo più proponibile l’equiparazione logica tra attività d’impresa e attività professionale. Grava dunque sull’amministrazione finanziaria l’onere di provare che i prelevamenti ingiustificati dal conto corrente bancario e non annotati nelle scritture contabili siano stati utilizzati dal libero professionista per acquisti inerenti alla produzione del reddito, conseguendone dei ricavi.
Con la sentenza n. 6562/2018 del 3 luglio 2017 del Tribunale di Napoli, sezione specializzata in materia d’impresa, in cui l’attore è un Fallimento, si afferma che non possono essere addebitate all’amministratore di fatto condotte distrattive riguardanti attività contabilizzate e non rinvenute nella procedura. Queste violazioni, infatti, sono normalmente imputabili all’amministratore di diritto della società, il quale ha il compito di redigere i bilanci ed il dovere di intraprendere, essendo l’unico soggetto provvisto della legittimazione specifica, azioni giudiziarie per il recupero dei crediti, nonché, in caso di fallimento, di consegnare al curatore i documenti per il recupero dei crediti e i beni.
La Cassazione, con l’ordinanza 24307 del 4 ottobre 2018, ha accolto il ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate avverso la pronuncia dei giudici di secondo grado della CRT dell’Umbria.
Nel caso affrontato, la suprema Corte ha stabilito che il contribuente è tenuto al pagamento sia dell’imposta che delle sanzioni, atteso che la mancata trasmissione telematica della dichiarazione dei redditi da parte del consulente incaricato non è stata oggetto di procedimento penale. Difatti, afferma la Corte, “l’infedeltà dell’intermediario che, incaricato del pagamento dell’imposta e della trasmissione della dichiarazione dei redditi, ometta di provvedervi, quand’anche accertata in sede penale, non esonera il contribuente dal pagamento dell’imposta stessa, rimanendo non dovuti soltanto gli interessi e le sanzioni, in base al principio di cui all’art. 6, terzo comma, del D. Lgs. N. 472 del 1997”. Va comunque precisato che già con l’ordinanza 11832/2016, i giudici di legittimità avevano disposto che gli obblighi tributari incombenti sul contribuente non possono considerarsi assolti con il mero affidamento delle scritture contabili in capo al professionista e con il conseguente incarico di trasmettere le dichiarazioni fiscali, essendo comunque richiesta un’attività di controllo e di vigilanza sulla loro effettiva esecuzione.