Febbraio 2020
Una delle categorie di contribuenti maggiormente interessata dalla nuova Legge di bilancio 2020 (L.160/2019) è sicuramente quella dei soggetti in regime forfettario.
Sono stati introdotti infatti dei vincoli relativi alle spese inerenti a personale dipendente a carico del soggetto forfettario (20.000 euro massimo) e di reddito annuo lordo derivante da lavoro dipendente o assimilato (massimo 30.000 euro) esercitato parallelamente all’attività d’impresa o lavoro autonomo in regime forfettario.
Il regime fiscale agevolativo in oggetto consente una tassazione molto vantaggiosa con aliquota fissa del 15% (o addirittura del 5% per i primi 5 anni a determinate condizioni) sulla base di una forfetizzazione dei ricavi la cui % dipende dalla tipologia di attività esercitata.
Il tetto massimo di ricavi è di 65.000 euro annui, ed il criterio del regime è quello di cassa.
Sulla base di un regime senz’altro molto intuitivo e con pochissimi obblighi contabili a carico, assistiamo molto spesso alla convinzione che il soggetto in regime forfettario sia semplicemente un soggetto a cui basta redigere ed inviare la dichiarazione dei redditi, magari disinteressandosi del suo andamento, dei suoi quesiti o dubbi, dell’analisi e del monitoraggio dei dati che caratterizzano la sua attività.
Un soggetto che potrebbe scegliere di gestirsi in autonomia, oppure di affidarsi a consulenti non iscritti all’Ordine dei Dottori Commercialisti (fra l’altro non obbligati alla continua formazione in materia o a rispettare il codice deontologico).
Tuttavia Noi lo sconsigliamo. Difatti, di recente, abbiamo ricevuto in Studio alcune persone con le seguenti casistiche:
– cliente che svolge attività di commercio al dettaglio: superamento del tetto dei ricavi a settembre 2019, a dicembre non aveva ricevuto nessuna indicazione sul comportamento da osservare dal 1° gennaio 2020: fatturazione elettronica e corrispettivi telematici, disciplina iva, accesso ad un regime di contabilità completamente diverso dal forfettario;
– cliente che svolge attività artigiana e che applica aliquota start up del 5% da due anni, nonostante, prima dell’apertura della partita iva, avesse lavorato come dipendente per un’azienda col medesimo codice attività (vietato);
– cliente professionista che non applicava la decontribuzione alla gestione separata (corretto) ma la sua attività era iscrivibile, per oramai consolidate indicazioni dell’Inps, anche come artigiana, essendo quindi possibile un risparmio ingente sui contributi;
– cliente con partecipazione non di controllo in società a responsabilità limitata dei genitori che per sentito dire (amicizie, parenti o consulenza fornita da Google) era convinto di non poter applicare il regime forfettario e vacillava nel buio coi compensi occasionali.
Ricordiamo infine che dall’anno in corso anche i forfettari hanno diritto al credito d’imposta del 6% per l’acquisto di beni strumentali e che la disciplina che regola il passaggio da regime forfettario ad un altro regime assoggettato ad iva consente il recupero della detrazione iva pro quota sui beni strumentali acquistati negli esercizi precedenti che non hanno esaurito la loro vita utile.
Per noi il forfettario non è un cliente minore!