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Novembre 2020

Anche se il d. lgs. 12 gennaio 2019 n. 14, che ha introdotto il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, entrerà in vigore per lo più dal 1° settembre 2021, alcune norme di natura processuale o di modifica del codice civile sono entrate in vigore lo scorso 16 marzo 2019.

Quasi due anni fa!

Tra le più importanti di queste norme del c.c. vi è l’art. 2086 c.c. che introduce un vero e proprio obbligo per l’imprenditore di individuare un complesso di strumenti e procedure organizzative idonee a rilevare lo stato di crisi, prima che essa divenga irrecuperabile, imponendogli di attivarsi subito ai primi segnali.

È quindi necessario che l’imprenditore rafforzi i sistemi di controllo interno per monitorare: l’adeguatezza dell’organizzazione aziendale, l’equilibrio economico finanziario e l’andamento prevedibile della gestione.

La norma si applica all’imprenditore in forma “societaria o collettiva”, indipendentemente dalle dimensioni o dalla forma societaria.

L’articolo 2086 c.c. parla, in particolare, dell’obbligo per l’imprenditore di adottare un assetto contabile, amministrativo ed organizzativo adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa. Ma che cosa si intende con questa locuzione?

Il codice civile non ci viene in aiuto definendo l’assetto organizzativo adeguato, ma il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ha individuato, per le società non quotate, alcuni requisiti che un’organizzazione dovrebbe avere per essere adeguata. Trattasi in particolare di:

  • un’organizzazione gerarchica;
  • presenza di un organigramma con chiara identificazione delle funzioni, compiti e responsabilità;
  • attività decisionale e direttiva in mano all’amministratore delegato, nonché dei soggetti ai quali sono attribuiti specifici poteri;
  • presenza di procedure per: la gestione dei rischi, il sistema di controllo, l’efficacia dei flussi informativi anche con riferimento alle società controllate;
  • procedure che assicurino che il personale sia adeguatamente formato e competente per le funzioni assegnate;
  • presenza di direttive e procedure aziendali, loro aggiornamento e diffusione.

E’ stato modificato pure l’art. 2476 c.c. che, al quinto comma, afferma che gli amministratori sono responsabili verso i creditori sociali per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione del patrimonio sociale. Ciò significa che l’amministratore è chiamato a rispondere personalmente quando non ha dotato l’impresa di un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato a rilevare la crisi.

Crisi che non è insolvenza, ma quello stato anteriore che segnala la possibilità di una crisi futura.

Come può essere colta, allora, questa “possibilità di futura insolvenza”?

Tramite gli indici di allerta elaborati dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti.

Si tratta di indicatori basati su voci di bilancio che, a fronte di determinati risultati, dovrebbero allarmare l’amministratore e metterlo nelle condizioni di attivarsi immediatamente cogliendo i primi segnali di crisi e: essere in grado di superarla o, al contrario, di dimostrare di avere fatto tutto il possibile per salvare l’impresa dalla liquidazione giudiziale (nuovo nome che acquisirà il fallimento).

L’applicazione di tali indici, tuttavia, non è ancora in vigore. Infatti a causa della pandemia mondiale causata dal Covid– 19 l’entrata in vigore del Codice della Crisi è stata posticipata al 1° settembre 2021, dal 15 agosto 2020 originario. In egual modo è stata differita l’attivazione delle procedure di allerta interne ed esterne, di cui si parlerà in un prossimo intervento.

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