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Accertamento fiscale: conoscere il “nemico”

Accertamento fiscale: conoscere il "nemico"

Giugno 2014

Purtroppo negli ultimi tempi, si constatano sempre di più azioni di controllo dell’Amministrazione finanziaria verso associazioni e società sportive. Oggi, infatti, gli accertamenti degli enti non commerciali risultano essere il pane quotidiano dell’Amministrazione Finanziaria, mentre qualche anno fa si poteva definire come un’attività residuale del Fisco.

Data quindi la frequenza e il sempre maggior numero di enti non commerciali che subiscono controlli, si ritiene utile fornire alcune informazioni di base che aiuti chi opera nelle associazioni a gestire questi delicati momenti.

Prima di tutto quali sono i tipi di controllo? Come vengono svolti? Quali conseguenze comportano?

Il primo procedimento, il più “semplice” e automatico che un’associazione può “subire” è il controllo formale (automatizzato) sulle dichiarazioni fiscali presentate per verificare che i dati siano corretti ed i calcoli esatti.

Si tratta di un riscontro per controllare che non si siano commessi errori di compilazione e/o calcolo e che i versamenti delle imposte siano stati effettuati esattamente e nei tempi previsti e per gli importi dichiarati. Nel caso vengano riscontrati errori, il contribuente viene invitato “bonariamente” a fornire chiarimenti e/o correggere gli eventuali errori procedendo al versamento delle maggiori imposte.

Altra tipologia di controlli, ben più “invasiva”, sono gli accessi e le ispezioni.

Tale tipologia di controlli può essere posta in essere dall’Agenzia delle Entrate, dalla Guardia di Finanza e dalla SIAE. Tali enti possono disporre l’accesso di propri impiegati, muniti di apposita autorizzazione, nei locali destinati all’esercizio dell’attività o nel luogo individuato come sede dell’associazione per procedere ad ispezioni documentali, verifiche, ricerche e ogni altra rilevazione ritenuta utile per l’accertamento delle imposte o di altre violazioni. L’accesso da il via al controllo del periodo d’imposta oggetto di accertamento, alla regolare osservanza degli obblighi e degli adempimenti fiscali in materia di Ires, Iva, Irap, eventuali Ritenute, ecc..

Al termine della verifica, in caso di accertati rilievi, viene redatto un processo verbale di constatazione (PVC) che viene inviato all’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate territorialmente competente.

A questo punto il contribuente/associazione può prestare adesione al contenuto integrale del verbale di contestazione entro 30 gg dalla consegna del verbale tramite una comunicazione al competente ufficio dell’Agenzia delle Entrate e all’organo che lo ha redatto. L’adesione comporta l’applicazione delle sanzioni ridotte nella misura di 1/8 del minimo previsto dalla Legge.

In seguito all’adesione l’Ufficio emette un “atto di definizione dell’accertamento parziale”, che contiene gli elementi e le motivazioni su cui si fondano i rilievi e la liquidazione delle maggiori imposte, delle sanzioni e degli interessi.

Se l’associazione, decide di non aderire in questa fase ai rilievi sollevati dai verificatori, scatta la seconda fase del procedimento di accertamento: il verbale di constatazione viene, sì, inviato, all’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate, ma per controllarne la veridicità e regolarità: si procede quindi all’emissione dell’avviso di accertamento.

Quest’ultimo atto dovrà essere sempre motivato e dovrà indicare (pena la sua nullità): gli imponibili accertati e le aliquote applicate; l’ufficio presso il quale è possibile ottenere informazioni; le modalità e termini di pagamento nonchè l’organo giurisdizionale al quale è possibile ricorrere.

L’avviso di accertamento (attenzione!) diventa esecutivo dopo 60 gg dalla notifica e deve espressamente riportare l’avvertimento che, trascorsi 30 gg utile per il pagamento, la riscossione delle somme sarà affidata agli agenti della riscossione.

In pratica, nell’avviso di accertamento si concentra la qualità di titolo esecutivo. Si è passati da una procedura di riscossione delle somme richieste tramite l’emissione della cartella di pagamento ad una procedura che non prevede più la notifica della cartella.

Qualora non si proceda al versamento, si ricorda che l’Agente della Riscossione dovrà attivare l’espropriazione forzata a pena di decadenza entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo.

A questo punto, l’associazione, con in mano l’avviso di accertamento ha la possibilità di seguire diverse strade: può accettare i contenuti dell’atto ed effettuare il pagamento delle somme dovute (acquiescienza) ottenedo così una riduzione a 1/6 delle sanzioni amministrative irrogate, sempre che quest’ultima:

  • rinunci a impugnare l’avviso di accertamento con ricorso e con reclamo per la mediazione;
  • provveda a pagare nei termini le somme dovute;
  • rinunci a presentare istanza di accertamento con adesione,

oppure, seconda strada, qualore non considerasse corretti i rilievi del fisco, può proporre accertamento con adesione. Quest’ultimo è una formula che consente al contribuente di definire le imposte dovute ed evitare la lite tributaria. In sostanza è un accordo tra contribuente ed ufficio che può essere raggiunto sia prima che dopo l’emissione dell’avviso di accertamento, sempre però che il contribuente non presenti ricorso davanti al giudice tributario. L’accertamento con adesione sospende il termine per ricorrere di 90 giorni e qualora vada a buon fine permette di fruire di una riduzione delle sanzioni ad 1/3 del minimo previsto dalla legge.

Merita menzione a parte l’istituto dell’autotutela. Questo strumento permette, nei casi in cui è la stessa Amministrazione finanziaria a prendere atto di aver commesso un errore, anche parziale, di procedere d’ufficio all’annullamento totale o parziale dell’atto. La richiesta dell’esercizio di autotutela può essere fatta anche con domanda del contribuente elencandone i motivi.

Se anche l’accertamento con adesione non andasse a buon fine, la fase “amministrativa” dell’accertamento si conclude, e sui rilievi sollevati dal fisco non resta che ricorrere al giudice tributario.

La fase contenziosa può iniziare con il ricorso presentato direttamente alla Commissione Tributaria Provinciale o tramite reclamo e mediazione. Infatti se l’avviso di accertamenteno ha un valore non superiore ad euro 20.000,00, se il contribuente intende impugnarlo, deve preventivamente procedere alla presentazione di un reclamo alla Direzione Provinciale o Regionale delle entrate che ha emanato l’atto entro 60 giorni dalla notifica.

Il reclamo avrà la stessa forma e gli stessi elementi del ricorso tributario, ma potrà essere formulata nel suo contesto, anche una proposta di mediazione indicando una diversa determinazione della originaria pretesa oggetto dell’accertamento.

E’ bene tener presente che la presentazione del reclamo non sospende l’esecutività dell’avviso di accertamento, tuttavia è possibile chiederne la sospensione per il tempo occorrente per la mediazione.

Il reclamo verrà esaminato non dallo stesso ufficio che ha emesso l’atto ma dall’Ufficio Legale presente nelle Direzioni dell’Agenzia delle Entrate, per garantire una qualche terzietà nella decisione.

L’Agenzia delle Entrate, in questa fase può accogliere totalmente o parzialmente il reclamo oppure accogliere la proposta di mediazione, o non accolgiere ne reclamo, ne mediazione, oppure fare una divesa proposta o ancora invitare il contribuente/associazione in contradditorio, entro, comunque, massimo 90 giorni dal ricevimento dell’istanza.

Se il reclamo/mediazione va a buon fine e si riesce a “trovare un accordo” con il fisco, si può ottenere una riduzione delle sanzioni del 60% sempreche si perfezioni il versamento delle somme dovute entro 20 giorni dalla conclusione dell’accordo, con possibilità di pagamento rateizzato in massimo 12 rate trimestrali.

Se anche questo ultimo intervento conciliativo, invece, fallisse, entro 30 giorni dal termine previsto per legge per tentare un accordo (ossia i suddetti 90 gioni), al contribuente/associazione non resta che costituirsi in giudizio davanti alla Commissione Tributaria, e dare “l’ultima parola” ad un soggetto terzo, qual è il giudice tributario.

 

 

 

 

 

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