Luglio 2015
La gestione degli impianti sportivi è un’attività che assume particolare rilievo per le associazioni e società sportive dilettantistiche poiché è strettamente collegata con l’attività primaria, sportiva, istituzionale da loro svolta.
Lo stesso legislatore dell’art. 90 della L. 289/2002 dedica ben tre commi alla gestione degli impianti sportivi, stabilendo che:
– Comma 24. L’uso degli impianti sportivi in esercizio da parte degli enti locali territoriali è aperto a tutti i cittadini e deve essere garantito, sulla base di criteri obiettivi, a tutte le società e associazioni sportive.
– Comma 25. Ai fini del conseguimento degli obiettivi di cui all’art. 29 della presente legge, nei casi in cui l’ente pubblico territoriale non intenda gestire direttamente gli impianti sportivi, la gestione è affidata in via preferenziale a società ed associazioni sportive dilettantistiche, enti di promozione sportiva, discipline sportive associate e Federazioni sportive nazionali sulla base di convenzioni che ne stabiliscono i criteri d’uso e previa determinazione di criteri generali e obiettivi per l’individuazione dei soggetti affidatari. Le regioni disciplinano, con propria legge, le modalità di affidamento.
– Comma 26. Le palestre, le aree di gioco e gli impianti sportivi scolastici, compatibilmente con le esigenze dell’attività didattica e delle attività sportive della scuola, comprese quelle extracurricolari ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 ottobre 1996, n. 567, devono essere posti a disposizione di società ed associazioni sportive dilettantistiche aventi sede nel medesimo comune in cui ha sede l’istituto scolastico o in comuni confinanti.
Le norme sopra riportate dettano i principi e le linee guida per la gestione e l’uso dei suddetti impianti, dando un privilegio particolare alle realtà che operano in ambito sportivo (associazioni e società sportive dilettantistiche).
Ad oggi, la strada più diffusa seguita dai Comuni per la gestione degli impianti sportivi di loro proprietà è proprio l’affidamento a terzi, nella maggior parte dei casi proprio enti sportivi, stipulando specifiche convenzioni.
E’ bene quindi soffermarsi sui profili fiscali che tali convenzioni possono generare in capo agli enti sportivi gestori. Come dovranno essere trattati fiscalmente i contributi erogati dal Comune per la compartecipazione delle spese di gestione e manutenzione dell’impianto? E quale sarà il trattamento degli affitti corrisposti da altre associazioni sportive per l’affitto e l’utilizzo di parte dell’impianto sportivo? E’ bene fare molta attenzione alle operazioni che si pongono in essere, le quali vanno attentamente valutate dovendosi evitare di considerare come non commerciale un’attività che in realtà risulta svolta nell’esercizio d’impresa e che, pertanto, deve essere regolarmente assoggettata ad Iva e Ires.
Per quanto riguarda i contributi che l’associazione riceve dal Comune, che in forza della convenzione stipulata li eroga per contribuire alle spese sostenute dall’associazione durante la stagione sportiva, ad esempio per la manutenzione del campo o per le utenze (luce, acqua, gas), tali somme dovranno essere classificate tra i proventi commerciali (rientrando nel novero delle attività previste dall’art. 2195 C.c.), quindi assoggettate ad Iva ordinaria e se l’associazione applica il regime agevolativo ex L. 398/91 dovranno essere portate a tassazione Ires e concorreranno nel calcolo del plafond di 400.000 euro.
Per quanto riguarda, invece, i proventi percepiti dall’associazione sportiva che affitta lo spazio all’interno dell’impianto sportivo ad altre associazioni sportive dilettantistiche, la questione si complica ed è bene fare primariamente una premessa: sul piano normativo si ricorda che per i suddetti enti esiste una doppia sfera, istituzionale e commerciale, sicché si considerano effettuate nell’esercizio d’impresa soltanto le operazioni (cessioni di beni e prestazioni di servizi) riconducibili alla sfera commerciale.
Infatti l’art. 148 del TUIR al comma 3 stabilisce che per le associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona, nonchè per le strutture periferiche di natura privatistica necessarie agli enti pubblici non economici per attuare la funzione di preposto a servizi di pubblico interesse, non si considerano commerciali le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali, nonchè le cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati.
Ai fini Iva, l’art. 4 comma 4 DPR 633/72 stabilisce che per gli enti che non abbiano per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali o agricole, si considerano effettuate nell’esercizio di imprese soltanto le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte nell’esercizio di attività commerciali o agricole. Si considerano fatte nell’esercizio di attività commerciali anche le cessioni di beni e le prestazioni di servizi ai soci, associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici, o di contributi supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto, ad esclusione di quelle effettuate in conformità alle finalità istituzionali da associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona, anche se rese nei confronti di associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di una unica organizzazione locale o nazionale, nonchè dei rispettivi soci, associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali.
L’attività istituzionale risulta, quindi, esclusa dal campo di applicazione dell’Iva, per cui si considera indetraibile, ai sensi dell’art. 19-ter, comma 1 D.P.R. 633/72, l’imposta relativa agli acquisti di beni/servizi ad essa inerenti.
Tali norme introducono agevolazioni specifiche per gli enti associativi che possono non essere considerati soggetti passivi d’imposta in ipotesi in cui essi percepiscano corrispettivi specifici o contributi supplementari a fronte di cessioni o prestazioni effettuate in conformità alle finalità istituzionali.
Quindi, la regola generale prevede che si reputino effettuate nell’ambito dell’attività commerciale le cessioni di beni e le prestazioni di servizi.
Dall’altro lato, in via eccezionale, viene previsto che restano escluse da Iva le cessioni di beni e le prestazioni di servizi a favore di soci, associati o partecipanti verso il pagamento di corrispettivi specifici o di contributi supplementari effettuati in conformità alle finalità istituzionali da associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extrascolastica della persona, anche se rese nei confronti di associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di una unica organizzazione locale o nazionale, nonché dei rispettivi soci, associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali.
Quindi anche l’utilizzo degli impianti sportivi da parte di tesserati/soci o Asd che fanno parte della medesima Federazione possono considerarsi detassati ai fini Ires ed esclusi Iva.
Tuttavia, l’associazione o società sportiva dilettantistica che gestisce l’impianto sportivo dovrà valutare attentamente il trattamento fiscale dei proventi per gli affitti degli spazi all’interno dell’impianto ad altri enti associativi soprattutto sotto il profilo del presupposto soggettivo dell’Iva, al fine di evitare di considerare come non commerciale un’attività che, invece, risulta svolta nell’esercizio d’impresa e che, pertanto, deve essere assoggettata ad Iva.
L’esclusione Iva ed Ires prevista per i suddetti enti associativi presuppone che siano soddisfatte però determinate condizioni di democraticità e di non devoluzione di eventuali avanzi di gestione. La norma intende evitare che l’agevolazione in esame si applichi anche a quei soggetti che, attraverso l’utilizzo della forma associativa, esercitino una vera e propria attività d’impresa.
L’art. 4, comma 7, D.P.R. 633/72 dispone che la soggettività Iva è esclusa a condizione che gli atti costitutivi o statuti, redatti in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata o registrata, debbano contenere le disposizioni previste dall’art. 148 e dall’art. 90, comma 18 della L. 298/2002.
I requisiti di democraticità e di non devoluzione degli avanzi di gestione devono essere soddisfatti non solo dall’ente locatore, ma anche da quello locatario. Ciò è stato oltremodo affermato anche dalla Risoluzione n. 108/E/96 e dalla Circolare n. 150/E/94.
In concreto, nel caso in cui lo spazio all’interno dell’impianto sportivo venga concesso in affitto ad un ente associativo, l’asd locatrice dovrà verificare se l’asd utilizzatrice, oltre a svolgere la medesima attività dell’ente concedente, aderisca alla stessa organizzazione locale e nazionale e rispetti le condizioni di democraticità e non devoluzione di eventuali avanzi di gestione. Una prova tutt’altro che facile.
Se l’associazione affittuaria non aderisce alla stessa organizzazione locale o nazionale dell’associazione concedente, o non sottostà ai requisiti sopra esposti, i relativi proventi assumono rilevanza agli effetti Iva, costituendo il corrispettivo di un’operazione imponibile.
Data la delicatezza di tale normativa e i limiti stringenti previsti per poterla applicare, qualora non si abbiano informazioni certe e sicure circa il rispetto dei requisiti da parte del locatario (quindi che anche il loro statuto preveda e rispetti le norme richiamate dall’art. 4, comma 7 D.P.R. 633/72, o che aderisca alla medesima organizzazione locale o nazionale, sono aspetti da non dare per scontati) è bene prudenzialmente trattare tali operazioni imponibili Iva.
Le stesse conclusioni sono applicabili anche alle società sportive dilettantistiche che concedono in affitto lo spazio all’interno dell’impianto che hanno in gestione, posto che in base alla Risoluzione n. 38/E/10, nei loro confronti si applica la disciplina di esclusione da Iva prevista per le associazioni. Si ricorda infatti che, in base all’art. 90, comma 1, L. 298/02, le disposizioni tributarie riguardanti le associazioni sportive dilettantistiche si applicano anche alle società sportive dilettantistiche costituite nella forma delle società di capitali senza fini di lucro.
Ultimo aggiornamento: 14 ottobre 2020